Palme di Sanremo (foto di Mattia Anselmi)
l suo antico nome, Villa Matuciana, derivava forse da quello di una divinità romana, la Mater Matuta, dea dell’aurora, che donò bellezza a questo tratto di costa ligure rovesciando il contenuto della sua cornucopia. Situata in un’ampia insenatura tra Capo Verde o Punta d’Arma e Capo Nero, la cittadina è considerata la “perla” della Riviera dei Fiori. Sanremo sorse in epoca romana con il nome di Villa Matuciana, poichè sotto il possesso di una famiglia locale romanizzata il cui probabile nome del capo era Mattucius. Nell’Alto Medioevo fu compresa sotto il governo di Albenga, passò poi ai conti di Ventimiglia e quindi a Genova, alla quale restò legata.
Il primo insediamento si stanziò nella zona bassa, ma necessità difensive costrinsero gli abitanti ad arroccarsi sul colle dove, secondo uno schema ad avvolgimento, la città cominciò ad ingrandirsi. Nella seconda metà dell'ottocento, la vita fino ad allora poco movimentata di Sanremo, subì importanti mutamenti che le diedero un corso completamente nuovo. Lo stabilizzarsi della situazione politica dovuta alle guerre napoleoniche in Italia e il miglioramento delle vie di comunicazione, consentì la nascita di un turismo straniero legato alle favorevoli condizioni climatiche e paesaggistiche della riviera ligure di ponente.
Numerosi furono gli ospiti stranieri che soggiornarono nella cittadina ligure, specialmente russi, inglesi, polacchi e tedeschi che costituirono vere e proprie comunità. Questo apportò notevoli modifiche nell'assetto urbanistico ed architettonico della città; si costruirono nuove strutture alberghiere, spazi ricreativi e centri religiosi, che accoglievano e rispecchiavano la cultura d'origine dei viaggiatori.
Giovanni Ruffini scrive in quegli anni: Diamine! Dodici hotel, nuovi edifizi, casini eleganti, belle passeggiate, affluenza di forestieri sempre crescenti; last but not least, dieci nuovi dottori in medicina (a morire a Sanremo converrà metterci dell'ostinazione), c'è di che far venire l'acquolina in bocca. E tutto questo in poco meno di dieci anni, cioè contando dalla mia ultima visita. I Sanremesi hanno ben donde di andar superbi di aver realizzato in così brev'ora progressi così giganteschi.
I limoni, le palme e gli ulivi...
Fin dal XII secolo si ha notizia della coltivazione degli agrumi (prima i cedri e poi, portati dai Crociati, i limoni, le arance amare e le arance dolci). Sulla lunga storia di queste colture e del commercio dei frutti c’è ampia documentazione negli statuti comunali. Il Comune di Sanremo regolò la raccolta, la produzione e la vendita con una serie ininterrotta di provvedimenti, a partire dai capitoli negli statuti fino alla concessione ai produttori di costituirsi in un consorzio che resterà in vita fino al 1930, emanando numerosi regolamenti e decreti che rispondevano alle esigenze del più importante mercato all’ingrosso di agrumi dell’Italia settentrionale. Già all’inizio del secolo scorso si dividevano e si selezionavano rigorosamente i frutti per dimensioni e qualità.
Le palme. La tradizione vuole che a portare i primi semi di palma furono o Sant’Ampelio anacoreta giunto dalla Tebaide nel 411 o i Crociati di ritorno dalla Terrasanta (1096). Già nel XV secolo la coltivazione della palma da dattero era già diffusa nel territorio sanremese e le sue foglie erano vendute per cerimonie religiose romane ed ebraiche (lavorate diversamente a seconda della destinazione). Un capitano marittimo sanremese, Benedetto Bresca, ottenne il privilegio di fornire le palme alla Santa Sede e il privilegio è passato di erede in erede fino ai giorni nostri.
Gli ulivi. Completano il panorama agricolo e l’immagine della Sanremo di altri tempi. Gli alberi di Sanremo erano forti e secolari esemplari che sopravvissero al grande gelo del 1709. A metà dell’800 vi fu la prima crisi dell’olivicoltura, crisi che nei primi decenni del ‘900 si aggravò in coincidenza della conversione verso la floricoltura e il turismo.
I viaggiatori
Il soggiorno a Sanremo del grande musicista russo Pëtr Il'ič Čajkovskij inizia alla fine di dicembre del 1877 per poi protrarsi fino alla metà del febbraio successivo. Testimonianze dei giorni che trascorse in Riviera ci derivano dalle lettere scambiate con il fratello Anatolij. Nel tempo libero frequenta il teatro cittadino intitolato al Principe Amedeo, dove ha la possibilità di vedere le esibizioni di cantanti liriche russe, la sera esce per passeggiare nel clima mite di Sanremo: ...Oggi abbiamo fatto una passeggiata abbastanza lunga sulla riva del mare. I luoghi sono davvero meravigliosi, e tuttavia io provo stizza per non so che...
Nonostante il clima della Riviera sia notevolmente migliore della natia Russia, il musicista non ama Sanremo e ha nostalgia della neve e degli inverni della steppa: ...Come mi è parsa antipatica San Remo dopo la bella, allegra Nizza. Come qui è noioso, davvero. Non si può affatto passeggiare salvo che sulla riva del mare. Sui monti, dovunque tu vada, è sempre la stessa cosa. Sempre quegli eterni alberi di olivo che ti coprono la vista e delle donne, vecchie e ragazzine che raccolgono olive sotto gli alberi...; e ancora: ...Qui le palme, gli aranci e i limoni non mi rallegrano!...Come si può passare un intero inverno senza freddo e neve? Oggi era caldo come da noi in luglio e siamo alla fine di dicembre'.
A Sanremo riesce comunque a portare a termine due dei suoi lavori musicali, un'opera: l' "Onegin" e la Sinfonia n.4 in fa minore detta "La Russa". Scrive al fratello: ...Dopo colazione ho preso con me le carte da musica e sono andato solo sui monti, per terminare la scena del duello, che ancora non è del tutto composta. A stento ho trovato un angolino dove non ci fosse nessuno. Ho lavorato bene...; in un'altra lettera aggiunge: '...Ho terminato il Klavierauszug dell'opera, rimangono ora da mettere i segni. Per quanto noiosa sia San Remo, non si può non ammirare oggi il meraviglioso tempo che fa. Durante le passeggiate trovammo una massa di fiori, gli uccellini cantavano su diversi toni....
Bibliografia
G. Lombardi, San Remo ai tempi del Liberty, 2001