Cenni biografici
Henri Stendhal (pseudonimo letterario di Henri Beyle). Autore francese (Grenoble, 1783 - Parigi, 1842)
Stendhal, pseudonimo di Henri Beyle , è uno dei più importanti scrittori francesi di sempre. Nato da una ricca famiglia borghese, a soli sette anni venne colpito dal lutto della madre, donna che amava in modo viscerale. I rapporti con il padre (avvocato al Parlamento), viceversa, furono sempre pessimi, essendo quest'ultimo un esempio chiaro di uomo bigotto e conservatore. Sedicenne, si recò a Parigi con l'intenzione di iscriversi all'Ecole polytechnique. Vi rinunciò subito e, dopo aver lavorato alcuni mesi al ministero della guerra grazie all'appoggio del cugino Daru, nel 1800 raggiunse l'armata napoleonica in Italia, che molto presto riconobbe come sua patria d'elezione.Il soggiorno italiano gli dette l'opportunità di conoscere la musica di Domenico Cimarosa e di Gioachino Rossini (del quale scrisse una celebre biografia, Vita di Rossini) nonché le opere di Vittorio Alfieri. L'Italia lo affascina molto e, in particolar modo, Milano lo incanta immediatamente; resterà per lui «la beauté parfaite» («la bellezza perfetta»). Stendhal si stabilisce allora a Milano dove rimane sette anni e nel 1814, sotto lo pseudonimo di Louis César Alexandre Bombet, compone il suo primo libro dal titolo Vies de Haydn, de Mozart et de Métastase. Viaggia spesso per l'Italia e frequenta assiduamente la Scala, che all'epoca è il tempio della musica, ma anche il luogo d'incontro dell'intelligenza milanese. Nel 1817 pubblica due libri: l'Histoire de la peinture en Italie e, sotto lo pseudonimo di Stendhal, Rome, Naples et Florence. Gli anni successivi delinearono quasi un vagabondaggio per l'Europa. Nuovamente in Italia, fu espulso con l'accusa di essere una spia, quindi, a Parigi iniziò la collaborazione ad un giornale, attraverso il quale poté delineare il suo programma essenzialmente romantico, caratterizzato ed avvalorato dal riconoscimento della storia quale componente fondamentale della letteratura. Quindi, si spostò nuovamente in Italia, e verso la fine del 1837 effettuò due lunghissimi viaggi nella madrepatria. Nel 1839 si recò a Napoli accompagnato dall'amico Prosper Mérimée. Nel 1841 ebbe un primo colpo apoplettico, e fece rientro nella capitale francese. Lo scrittore morì nel marzo dell'anno successivo, e fu sepolto nel noto cimitero di Montmartre. La dicitura sulla tomba reca l'iscrizione "Henry Beyle milanese".
Stendhal a Genova
- Stendhal, è passato più e più volte a Genova, lasciando tangibili tracce che si rinvengono nelle sue opere. Attraverso gli occhi dello scrittore, grazie ad una ricostruzione assai puntigliosa e precisa, appare una città: quella Genova della prima metà dell'Ottocento così viva di fermenti e di attività intellettuali. I paesaggi di Genova, e anche i ritratti dei personaggi, trasmettono la calma intensa della sua meditazione, la visione di occhi rivolti verso l'interno, al di là dei veli illusori del visitatore che osserva. In particolare, l'anno in cui lo scrittore conobbe per la prima volta Genova è il 1814, precisamente sappiamo che arrivò nella città ligure il 31 agosto di quell'anno e che venne ospitato nella villa della marchesa Teresa Pallavicini tra Quinto e Nervi (oggi Via Giannelli). Stendhal fu suo ospite fino al 18 settembre. Poi partì per Livorno. In una sua lettera, datata 24 settembre 1814, lo scrittore infatti raccomanda la sorella Pauline «d'inviare cinquanta piante di pesche delle migliori specie -le piante acquistate al vivaio di Lione- alla signora marchesa Pallavicini a Genova». Appena conclusosi il soggiorno presso la marchesa, lo scrittore scrisse altre lettere, raccolte in un volume dal titolo Journal. In una di queste, datata 22 settembre 1814 Stendhal fa un elenco molto preciso degli "oggetti d'abbigliamento" che acquistò nella città ligure: «ho fatto fare tre gilet, quattro pantaloni e due o tre paia di scarpe. In più ho acquistato un cappello e libri (le opere complete di Fénelon e De Brosses) per 48 franchi».
- Stendhal parla di Genova anche in : Journal d'un voyage en Italie et en Suisse, pendant l'année 1828: una sorta di "quadernetto propedeutico al viaggio in Italia" di 37 pagine. Qui si trasforma in una vera e propria guida turistica, fornendo particolari descrizioni della città e consigli utili al cugino Romain Colomb che, per rimettersi da una malattia, si stava preparando a un viaggio in Italia. Colomb partì da Parigi il 14 marzo 1828 ed aveva in tasca il quadernetto scritto sotto il dettato di Stendhal. Per quanto riguarda il mezzo di locomozione più efficente per intraprendre il viaggio, lo scrittore afferma in proposito: «si potrebbe andare a Genova con la diligenza, ma è molto meglio prendere un vetturino, c'è il vantaggio di vedere da vicino quattro o cinque italiani e di conoscerli più a fondo di quanto non si farebbe con cinquanta visite... Durante il viaggio la scelta dell'albergo spetta al vetturino». Arrivati in città, Stendhal consiglia di «prendere una stanza alla pensione Svizzera, vicino ai Banchi (la borsa ha questo nome) e qui bisogna chiedere la camera 26 al quarto piano, dalla quale si vedono il porto e la montagna. Bisogna dire: "Mi dia la camera che un russo ha occupato per 22 mesi". Costa un franco e venticinque al giorno. Di fronte c'è un ristorante dove si può mangiare scegliendo una lista». Inoltre il libretto cita anche i monumenti e i palazzi della città ligure degni di visita, ad esempio: «Vedere la cattedrale e il famoso quadro di Giulio Romano; vedere l'Albergo dei Poveri: bassorilievo attribuito a Michelangelo; vedere il palazzo del Re; quattro collezioni di quadri in palazzi della via principale; vedere la sala del ricevimento Serra e la passeggiata d'Acquasola dove la sera si può ammirare uno stupendo tramonto».
- L'opera di Stendhal che maggiormente ha contribuito ad una descrizione più precisa e dettagliata della città ligure è Mémoires d'un touriste pubblicato nel 1838. Qui l'autore spiega, fin dalle prime pagine, il motivo di questo suo nuovo viaggio nell'Italia che ha sempre sognato: un viaggio semplicemente di "piacere" che potè permettersi dopo sette anni passati, come lui stesso dice, ai ferri. In questo libro, Stendhal ricorda di essere arrivato nella città ligure alle cinque del mattino a bordo di un imbarcazione: il Sully e di avere espresso subito la volontà di passare un'intera giornata a visitare Genova, prima di ripartire alla volta di Marsiglia. Stendhal ebbe modo, quel giorno, di soggiornare nell'albergo definito da lui ironicamente «il più grande e alla moda presente in città»: La Croce di Malta; qui infatti, come già si aspettava, non trovò nessuna comodità. Nel corso delle diciannove ore che passò a Genova, l'autore riporta di aver cambiato tre volte camera tanto che il cameriere non sapeva più in quale stanza si trovasse. Comunque, la prima impressione che lo scrittore provò ad una visita ancora "acerba" della città non fu negativa e può essere ben esemplificata dalle parole che qui riporto tradotte: «la città è mirabilmente situata ad anfiteatro sul mare. Fra la montagna, alta quattro volte Montmartre e il mare non c'è stato spazio che per tre strade orizzontali: una a otto piedi di larghezza ed è quella del grande commercio dove si trova del buon caffè; l'altra, dietro il porto, è riservata ai marinai; la terza, quella più vicina alla montagna e che porta successivamente i nomi di Via Balbi, Via Nuova e Nuovissima, è una delle più belle strade del mondo». Stendhal rimane letteralmente affascinato dall'architettura di quest'ultima strada, «ardita, piena di vuoti e di colonne che ricorda gli scenari della Scala di Milano». Dopo aver errato un'ora da palazzo a palazzo in questa bella strada, lo scrittore francese racconta di essersi fermato per cercare un caffé; ad una prima impressione, egli esprime tutta la sua incredulità, notando che, nonostante la ricchezza della città, i caffé «sono tutti brutti e poveri». Con l'aiuto di un artigiano genovese trasformatosi per un istante in "guida" in quel labirinto di vicoli, Stendhal arriva di fronte alla porta di un caffé «buio, composto di due stanze sudice. Era realmente il caffé alla moda». Lì, dopo aver consumato un caffé e latte, l'autore mette in evidenza la profonda differenza col lusso di Milano e Venezia e ricorda tristemente i versi di Montesquieu sul piacere di lasciare Genova: «mare senza pesci, donne senza bellezza, ecc.ecc...». Nonostante la cattiva impressione ricevuta, lo scrittore afferma di essere tornato più volte, durante la giornata, in quel caffé «triste» per bere «una bibita molto particolare chiamata acqua rossa, con cinque o sei ciliegie in fondo al bicchiere e il profumo delizioso dei noccioli...». Questa buonissima bevanda riuscì quantomeno a mutare il generale giudizio negativo di Stendhal sui caffé genovesi. Durante la mattinata, come primo edificio, lo scrittore visitò il palazzo della Borsa, poi si recò verso la Chiesa di Carignano. Per arrivarvi, Stendhal ricorda come sia stato necessario, in passato, far costruire un ponte che passasse «su una fila di case per cui si cammina a trenta, quaranta piedi al di sopra dei comignoli». La particolarità della visita di Stendhal a Genova è che questi preferì visitare subito i monumenti, senza l'usilio di libri esplicativi e di leggerne la sera la descrizione sulla guida della città per poi riandare a vedere, la mattina successiva, i monumenti più significativi. La Chiesa di Carignano affascina relativamente lo scrittore, egli riconosce di essere davanti ad un «capolavoro di gravità e nobiltà», ma, nonostante tutto la giudica come un chiesa non molto affascinante anche se costruita in una posizione stupenda: «un monticello che interrompe la curva dell'anfiteatro di Genova verso il mare». Per "dovere di viaggiatore", Stendhal salì sulla cupola di tale chiesa, nella cui navata potè ammirare il San Sebastiano di Puget di semplice e vigoroso stile. Dopo questa sua visità, lo scrittore racconta di essersi recato, per meni problemi di passaporto, nel palazzo sede del municipio, «una vasta costruzione di marmo bianco male adoperato», con una facciata del 1760, «epoca in cui la povera architettura era maltrattata in Italia come in Francia». Vistato il passaporto, Stendhal andò a visitare tre gallerie di quadri famosi in Via Balbi. Qui vide dei Van Dick magnifici il cui aspetto "dolcemente imperioso" lo affascinò moltissimo. Dopo un breve tour all'interno dei palazzi di Via Balbi, lo scrittore è andato a vedere la colossale statua del famoso giardino Doria e di lì è salito alla Villetta, nel delizioso giardino del Marchese Di Negro che lo accolse molto volentieri nella sua dimora. Così ricorda Stendhal: «mi ha ricevuto con estrema gentilezza e mi ha fatto assaggiare dell'uva della Villetta...». Verso sera lo scrittore racconta di essere entrato nella «cattedrale bianca e nera costruita in bande orizzontali». Qui vide «il quadro di Giulio Romano, di cui i genovesi ammirano soprattutto la testa rifatta a Parigi da Girondet». Prima di partire, Stendhal si recò a teatro per vedere il Furioso e l'isola di San Domingo. Qui, durante lo spettacolo venne a conoscenza che «Genova possiede un gabinetto letterario dove si leggono i giornali; cosa davvero sorprendente». Il racconto della sua visita a Genova termina con una riflessione che, a mio parere, mette in evidenza alcune caratteristiche fondamentali del popolo ligure: «credevo che i genovesi amassero soltanto il denaro; amano anche, mi dicono, la loro indipendenza. Ciò che mi ha fatto nascere questa riflessione politica, è che sono stati costretti a dare il nome di Carlo Felice al bel teatro che si sono costruiti. Hanno comperato e demolito molte case per costruire una piazza davanti al teatro e una strada che continua la bella strada dai tre nomi: Balbi, Nuova e Nuovissima»
Conclusioni
Non è possibile immaginare una bibliografia stendhaliana per quanto attiene i soggiorni o i passaggi a Genova. Le citazioni riferite a Genova, e alla Liguria, si rintracciano nelle Mémoires d'un touriste e in quell'appunto dettato da Stendhal, nel 1828, a Romain Colomb, in previsione di un viaggio in Italia di quest'ultimo, e pubblicato sotto il titolo Journal d'un voyage en Italie et Suisse pendant l'année 1828. Gli "avvenimenti" e le "raccomandazioni" di Stendhal al cugino, e riferiti a Genova, in questo scritto, hanno non poca importanza. Qualche altro frammento di uno Stendhal genovese si trova nella Correspondance e nel Journal, tuttavia citazioni rapide e quasi trascurate osservazioni. Un testo più intimista che descrittivo è Rivages de la mer, scritto a Recco nel 1814 e rinfuso in Voyage en Italie, 1828.
Bibliografia
G. MARCENARO, Genova con gli occhi di Stendhal / [catalogo della mostra], Genova, 1984, pubblicazione: Cassa di risparmio di Genova e Imperia, 1984.
H. STENDHAL, Mémoires d'un touriste, 1837, tratto e tradotto da C. Bo, Echi di Genova negli scritti di autori stranieri, Torino, 1966, p.70 e ss.
H. STENDHAL, Mémoires d'un touriste 1837, in G. Marcenaro Viaggiatori stranieri in Liguria, De Ferrari Editore, Genova, 1990. Pgg. 66-70.
H. STENDHAL, Journal d'un voyage en Italie et en Suisse, pendant l'année 1828,in G. Marcenaro Viaggiatori stranieri in Liguria, De Ferrari Editore, Genova, 1990. Pg. 58.
H. STENDHAL, Rivages de la mer, in L'italie en 1818, oggi in Oeuvre, Voyages en Italie, a cura di V. Del Litto, Parigi, 1973.
H. STENDHAL, Correspondance, a cura di H. Martineau e V. Del Litto, Parigi, 1967-1968.
H. STENDHAL, Journal, Parigi, 1914.
H. STENDHAL, Voyages en Italie; textes etablis, presentes et annotes par V. Del Litto, 1973.