Vecchio Molo
Le ricerche sul Molo Vecchio ci hanno portati ad individuare interessanti spunti di riflessione. Abbiamo notato profonde differenze tra le descrizioni del Molo contenute nelle Guide analizzate e quelle contenute negli scritti dei viaggiatori presi in considerazione. Tutte le Guide citano il molo a livello puramente tecnico, ovvero, raccontano oggettivamente la storia e lo sviluppo del progetto di costruzione di questo "baluardo della Città", come lo definisce l'Anonimo Genovese, oltre che importante punto di approdo per mercanti, lavoratori, visitatori ecc ecc. Le Guide, quindi, ci danno la data di fondazione del primo molo (sembra che la prima memoria si abbia nel 1283), le misure, i progetti per migliorarlo di anno in anno, le sue principali funzioni e anche, i problemi che presenta, per sua stessa natura, dalla data di fondazione (come la posizione sfavorevole dello stesso, costruito in una zona in cui le correnti di vento si incontrano, rendendo pericoloso l'ingresso delle navi in porto). Alcuni pareri risultano contrastanti tra loro, qualcuno apprezza le fattezze del molo, qualcuno, invece, non lo trova pensato in modo ottimale per ricevere un gran numero di navi e reggere i ritmi dei grandi rifornimenti mercantili.
I viaggiatori (soprattutto francesi e inglesi probabilmente in Italia per seguire le tappe del Grand Tour), meno interessati, invece, all'aspetto tecnico della struttura del molo, pongono la loro attenzione, soprattutto, sull'impatto che tale struttura ha sul paesaggio, quello che oggi definiamo "impatto ambientale".
Molti di loro lamentano il fatto che il muro costruito per delimitarne il perimetro ostruisca la meravigliosa vista sul mare; significativa ci pare la considerazione di Paul De Musset che racconta come i viaggiatori dell'epoca, alloggiando al famoso Hotel Croce di Malta, si contendessero le stanze ai piani più alti dell'edificio; la muraglia, infatti, impediva la vista al di sotto del terzo piano.
I viaggiatori, soprattutto scrittori e poeti, in viaggio di piacere e di formazione culturale, erano maggiormente interessati a godere del paesaggio genovese (per trarne, forse, la giusta ispirazione per trasformare le proprie sensazioni in versi e produrre i testi che noi stessi possiamo, oggi, leggere) che a descrivere la struttura del porto (e la vita al suo interno, con tutti i suoi rumori e odori) per loro, semplice area di sosta e punto di approdo del tour per l'Italia.
L'unico che si dedica alla descrizione dei due moli che formano il porto di Genova è Montesquieu. Egli ne lamenta la cattiva funzionalità ed ipotizza un errore di fondo negli studi del primo progetto. Lo scrittore francese, sembra voler accusare il progettista di non aver studiato a fondo le correnti e le maree prima di individuare il punto esatto per gettare le basi del porto, considerandolo, addirittura, "uno dei peggiori della terra".
E' evidente come le differenze macroscopiche che possiamo individuare tra Guide e Viaggiatori derivino, innanzitutto, dallo scopo per cui i testi sono nati, le une per informare i "non genovesi" sulla storia della città, gli altri per fermare su carta delle semplici considerazioni personali (spesso le parole dei viaggiatori sono desunte da corrispondenze private) o come testimonianze dei viaggi di studio, delle tappe raggiunte e delle bellezze visitate. In secondo luogo, gli scrittori delle guide turistiche, spesso erano studiosi di storia e arte, esperti o amatori della città, oppure addetti ai lavori, uno su tutti l'Anonimo, informati e interessati ai dati tecnici.
Le Guide
Carlo Giuseppe Ratti
C. G. Ratti descrive la parte del Molo raggiungibile, camminando lungo le mura, «il che vi recherà grande piacere per la veduta del Mare, e della Riviera» in seguito descrive con molti particolari la Porta del Molo «architettata nobilmente, e con buona difesa dall'Alessi: l'ha egli ornata al di fuori con Dorica architettura, e al di dentro, cioè verso la parte di mare, d'un elegante, e maestoso ordine rustico con nicchie, colonne, due forti bastioni a' fianchi, e comode abitazioni per la Soldatesca, e al di sopra di queste de' bastioni, e di tutta in somma la fabbrica ha fatta una piazza molto spaziosa da maneggiarvi con agevolezza l'artiglierie in difesa del porto».
In seguito poi Ratti riporta un'iscrizione latina di Jacopo Bonfadio presente sulla porta:
«AUCTA EX S. C. MOLE
EXTRUCTAQ. PORTA
PROPUGNACULO MUNITA
URBEM CINGEBANT MOENIBUS
QUACUMQ. ALLUITUR MARI
ANNO MDLII».
Dopo aver dato alcune notizie cronologiche circa la vita di Bonfadio, di cui si dice che venne condannato a morte proprio su quel molo, continua: «molo principiato nel 1283 dall'architetto Marino Boccanegra Genovese, e fortificato da Anastasio Siciliano, fu accresciuto in lunghezza più di seicento passi dall'Alessi».
Ratti prosegue descrivendo la Chiesa di S. Marco, la Piazza del Molo, la Chiesa dei SS. Cosma e Damiano, il Palazzo di Giambattista Cattaneo e altri edifici presenti nella zona. In seguito così dice circa il Portofranco: «composto di un buon numero di edifizi, i quali, benché fervano di Magazzini, essendo però a guisa di tanti Palazzi di pari altezza, e grandezza egualmente dipinti, e con bell'ordine disposti, sembrano formare una piccola, ma vaga Città. Nelle facciate d'alcuni di essi verso il mare rappresentò in tre diverse positure San Giorgio, con le arme della Repubblica Domenico Piola, in età allora di soli anni 20; e pure son così stimate queste pitture, che da' Periti si giudican le migliori del suo pennello. Dall'altra parte di detta porta è la Dogana fabbrica anch'essa molto magnifica, la cui facciata verso mare, dipinta dal Tavarone, ha un bel San Giorgio a cavallo in atto di ferire coll'asta il sottoposto Dragone, siccome ancora le arme della Repubblica sostenute da virtù, e putti con vari stromenti nautici, guerreschi e simili.». Infine Carlo Giuseppe Ratti descrive il Ponte Reale, luogo di sbarco delle merci.
Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818
L'Anonimo Genovese scrive: «[...]finalmente per una Porta di nobil facciata, sia all'interno verso la città come esteriormente architettata in pietra dall' Alessi, da un fortissimo ed elevato baluardo munita, entrasi nel Molo Vecchio che forma il porto di Genova o la di lui parte orientale. Primieramente egli è questo da una lingua di terra assai larga e artifiziosamente creata formato. Ne' primi bisogni della navigazione, allorchè era questa a piccoli bastimenti ancora ridotta poteva il primo seno formato bastare, ma ben presto accrescuitasi per la dilatazione del commercio in Levante all'epoca delle Crociate, fu d'uopo spingere il Molo più in mare onde abbracciar maggior spazio [...] ecco la ragione per cui anche dopo aver passato la lingua di terra ove propriamente il Molo comincia, non segue questi come il Molo Nuovo la linea retta ma ad una certa distanza s'incurva e ripiega».
L'Anonimo racconta che il Vecchio Molo fu cominciato nel 1283 dall'architetto Marino Boccanegra, fortificato da Anastasio Siciliano ed accresciuto in lunghezza più di 600 passi dall'Alessi. Alla punta o estremità di esso «ergersi una piccola torre con fanali come all'altro del Molo Nuovo in faccia, accendendosi questi nelle notti buie per indicare il porto ai naviganti», continua la descrizione con le misure del molo: «questo bel molo è lungo palmi 2400; vi si gode della vista di tutto il porto nella sua grande ampiezza e del superbo anfiteatro che offrono le colline e montagne della città, che in altro vedonsi disposte fino alla catena de' monti su cui girano le fortificazioni delle Nuove Mura».
A questo punto comincia una lunga digressione di aspetto quasi professionale sulla questione di quale dei due moli «abbiasi ad accrescere per rendere il porto di Genova più sicuro e come debbasi tale accrescimento eseguire». L'Anonimo inserisce delle interessanti considerazioni sui venti e il loro effetto sulle onde e sugli spostamenti delle imbarcazioni all'interno del porto, arrivando a proporre delle soluzioni adatte ad ogni tipologia di imprevisto.
Davide Bertolotti
Bertolotti descrive il porto di Genova con le seguenti parole: "Spazioso circa 15,000 metri quadrati, e pressochè circolare di forma, ripete nella lucida sua conca la teatrica immagine della città, e de' colli per cui ella sì largamente e vagamente si estende. Lo cinge, ove s'aderisce la città, a guisa di serpeggiante zona una robusta muraglia, in cima alla quale corre una continovata strada, grato passeggio ne' giorni invernali. Due Moli formano le sterminate sue braccia che vanno a fargli l'imboccatura tra mezzodì e ponente, difendendolo dagl'insulti del libeccio e dell'ostro libeccio che sono la vera sua traversia. Il Molo, detto il vecchio, dispiccasi dalla costa orientale ed allungarsi 600 metri nell'alto mare. Vi si allunga 469 metri il Molo nuovo che prende le mosse della costa occidentale». Bertolotti ricostruisce la storia del molo, cominciato nel 1283, ricordando il fortunato periodo genovese.L'architetto di questa opera fu Marino Boccanegra. In seguito molti altri architetti si adoperarono a prolungare il molo, tra i quali l'Alessi, che lo estese alla lunghezza di 600 passi geometrici. Inoltre lo arricchì con una grande porta di ordine dorico per un' eventuale difesa della città. Negli anni 1728, 1738 e 1778 fu ancora ampliato. Nelle notti tra il 24 e il 27 del 1821 si scatenò una tempesta orribile che danneggiò i moli e la cinta del porto; si decise così di prolungare il Molo Vecchio di 100 metri nella direzione parallela al Molo Nuovo. «[...]Quest'amplissima prolungazione fu condotta a fine mercè di enormi cassoni, sommersi con felice successo nel mare, per farvi le fondamenta, sopra le quali s'innalzarono le robuste muraglie"
Afferma anche:«[...] fan doppia spalla ad un ampio seno, ove due Moli con enorme dispendio e con italiano ardimento gittati, proteggono da tutti i venti, fuori che in parte dall'Affrico, il porto di genova, bello per l'aspetto della città che gli sorge a fronte e dallato, nobile per la celebrità dell'emporio, capace di qualsivoglia armata navale, fido ricovero ai vascelli d'ogni bandiera».
Federico Alizeri
L' Alizeri dopo Palazzo S. Giorgio descrive il porto dividendolo in vecchio e nuovo.
Il primo fu cominciato intorno al 1285, sotto la direzione di Marino Boccanegra, progressivamente continuato e nell'andare degli anni migliorato ed esteso ad opera di Anastasio Siciliano e Galeazzo Alessi. Il Molo Nuovo fu gittato nel 1638 sotto la direzione dell'architetto Aicardi. Nel 1651 fu congiunto allo scoglio della lanterna e nel 1668 vi furono aggiunti altri cassoni "per renderlo più gagliardo". La Lanterna è di incerta origine: la sua prima memoria è del 1218, ma non servì ad uso di faro prima dell'anno 1316.
L'Alizeri, descrive le linee dure e severe che fanno ornamento al Vecchio Molo.
Vicino a Porta Siberia vi erano officine di fonditori, specialmente d'artiglieria. Questi edifici e le stridenti fornaci caddero a terra per lasciar posto alle nuove opere che completavano il muro marittimo, «Ma l'elegante decorazione non vi terrà così l'occhio, ch'ei non si spinga al di là delle soglie, rapito alla vista dei legni che fan vista al mare, e a que' poggi ridenti che tutto intorno corano il porto e la città popolosa. L'ampia strada che porge in sul mare, fondata da poderosi macigni per lungo andare di secoli e moltiplicar di dispendi, ci porge un gradito passeggio fra que' prospetti, e c'invita a parlare di sè come di storico e singolar momumento».
L'opera del Molo è presente già al tempo dei Consoli nel 1134, ad essa erano volti parecchi tributi imposti alle navi. Marino Boccanegra pare essere il primo autore di tanta mole.
Nel 1324 fu costruita una piccola Torre per i naviganti, detta de' Greci, dimezzata nel 1573 a causa della piattaforma che fu costruita nel mezzo del Molo stesso. Anastasio Alessandrano ebbe l'incarico di fare una gettata di pietre lungo il Molo già esistente.
A Galeazzo Alessi fu commissionato di promuovere le opere del Molo e di procurare alla città un nuovo ornamento. Nel 1550 realizzò la megnifica entrata d'ordine dorico in pietre finalesi. La cinta marittima fu conclusa nel 1553. Il prolungamento del Molo fu commissionato all' Alessi nel 1559, per sessanta palmi.
Altre aggiunte vennero apportate nel corso degli anni, la più notabile risale al 1821, che non raggiunse lo scopo prefisso di apportare delle migliorie; Agostino Chiodo diresse lo smisurato lavoro che accrebbe il Molo Vecchio di centro metri sul Nuovo.
Jacob Burckhardt
Burckhardt, riguardo alla Porta del Molo realizzata da Galeazzo Alessi scive: «La porta che conduce al Molo Vecchio, è caratteristica per la metà del secolo; sul lato della città è di una semplicità quasi bramantesca, sul lato del Molo è conseguentemente ed avvedutamente barocca. (Colonne rustiche ecc.)»
I viaggiatori
Henry Aubert scrive, circa la Genova "del passato": «Comprendeva l'oppidum che oggi è il quartiere del Molo, dalle stradine strette, piene di gente, il cuore e la culla della città, che gli stranieri non visitano quasi mai e in cui vi è almeno una cosa bella: la vecchia e singolare chiesa di Santa Maria di Castello, che fu la prima cattedrale di Genova e dove gli amatori di ricordi storici possono trovare cose interessanti [...]. In antico Genova non aveva il grande porto di oggi, le larghe gettate, i bacini interni, i magazzini, i capannoni, i moli: nei tempi lontani i genovesi avevano ciò che offriva la natura e gli ingegneri o i costruttori non sapevano ancora piegarla alle loro esigenze. Il mare lambiva le mura della città e la città mancava di spazio per ingrandire: da un lato le onde che si buttavano su di essa, dall'altro le colline sterili che la timidezza degli architetti non osava scalare».
Charles-Louis de Montesquieu, nel 1728, scrive: «La rada di Genova è molto brutta, e, per proteggere le navi, sono stati costruiti due moli. Il Molo Nuovo sta a ponente, all'inizio di San Pier d'Arena; [...].
Sul lato opposto di trova il Molo Vecchio, che inizia verso il centro della città. Questi due moli formano quello che viene chiamato "il Porto", che è uno dei peggiori della terra poiché il mare entra con impeto per l'apertura che c'è tra i due moli, soprattutto quando il vento soffia da mezzogiorno, da est e da ovest; tanto più che l'apertura fra i due moli è molto larga ed esposta, il mare poco profondo, il fondale molto brutto; e così le navi arano sulle ancore, urtano le une contro le altre e pochi anni fa un bastimento rischiò di affondare. Essendo il mare meno profondo al Molo Vecchio che non al Nuovo, i Genovesi hanno prolungato il Molo Vecchio di 80 spanne, il che ha conseguito un ottimo effetto, e le navi sono un po' più al sicuro; hanno quindi intenzione di continuare l'opera. Ma il costo è elevato: bisogna infatti fare una specie di muratura in cemento su barche fatte apposta. Si fanno scendere palombari per controllare e preparare il letto dove deve essere collocata la muratura, poi, la si lascia cadere, con la barca, nel luogo prescelto dove s'immerge per il proprio peso».
Charles de Brosses narra così il suo arrivo a Genova : «Passammo a fianco del faro, altissimo, costruito per ordine del re Luigi XII perchè la notte serva da guida all'entrata nel porto, che è difficile. Qui ci apparvero alla vista il porto e la città, costruita tutto intorno ad anfiteatro e in semicerchio. É la più bella veduta di città che si possa incontrare. Il porto è vastissimo, benchè sia stato ristretto da due moli; ma dicono che sia poco sicuro».
Tobias George Smollet afferma: «Volgendo le spalle al faro si vede il molo che costituisce il porto di Genova. Fu costruito con gran spesa ai due lati della baia, così da formare due magnifiche gettate sul mare. Entrambe, alla loro estremità, sono provviste, di un alto faro più piccolo e sono difese da cannoni di bronzo. Nel mezzo c'è il porto, tanto ampio e tanto avanzato nel mare che quando il vento di sud-ovest è forte, riesce molto dannoso alla navigazione ed al caricamento delle navi. Entro il molo vi è anche un porto più piccolo, chiamato Darsena, per le galee della Repubblica».
Jules Janin in Voyage en Italie, nel 1838, scrive: «Il porto è riparato da due montagne costruite dalla mano degli uomini ed è pieno di navi di ogni genere.
[...]Ai piedi, in riva al mare, nel porto, ci sono attività, movimento, frastuono, folle, in una parola la vita delle città italiane, rovine abitate pulsanti, commerciali, intelligenti [...]»
Charles Dickens, in Pictures from Italy scrive: «Una delle parti della città dall'aspetto più putrido è il Molo, credo; tuttavia può darsi che la sua associazione a una grande quantità di marciume mi si sia impressa nella memoria, la sera del nostro arrivo, più profondamente del dovuto. Qui, di nuovo, le case sono molto alte, hanno un infinità di forme sbilenche [...]. Anche il Porto Franco, dove le merci importate non pagano dogana fino a che non vengano vendute e portate fuori, si trova qui[...]».
Paul de Musset, afferma che il rimprovero più grave che si può fare a Genova, è che non si vede il mare se non da lontano. Il porto, infatti, è completamente chiuso e dalla sommità del muro è possibile soltanto scorgere la cima degli alberi delle navi e sentire lo sciabordio delle onde.
L'acqua, si lamenta l'autore, è visibile solo al Porto Franco o al Palazzo Doria. La città annovera quattro porti, ricavati nella muraglia, per l'imbarco e lo sbarco delle merci ma i rispettivi moli sono occupati dai doganieri, dalle forze dell'ordine e dai facchini accreditati per cui il semplice cittadino non può accedere in questa zone se non con il passaporto per l'imbarco. A Genova Paul de Musset allogia all' Hotel Croce di Malta e ricorda come la muraglia ostacolasse la vista del mare al di sotto del terzo piano; per questo motivo gli ospiti dell' Hotel erano soliti contendersi le stanze ai piani alti.
Alexandre Dumas, durante il suo soggiorno a Genova alloggia in un albergo vicinissimo alla Darsena, nel 1841, in Impression de voyage scrive: «[...] attraversai l'Arsenale di mare. Nel primo recinto Genova, ancor oggi, arma, disarma o ripara le sue navi. A questo Arsenale ne era succeduto un altro, ora prosciugato e adibito a vasto cantiere marittimo, in cui la Repubblica costruiva le famose galee, lunghe 38 metri e larghe 4, che costavano ogniuna settemila lire genovesi, e che, montate da 230 uomini, percorrevano da padrone tutto il Mediterraneo. Tale secondo recinto serve d'oggi d'officina a sette o ottocento galeotti, che trascinano le loro catene sotto le belle volte costruite nel secolo XIII, secondo i disegni di Boccanegra. In un angolo dell'Arsenale vi è un ex voto».
A fine Ottocento l'area portuale è in una fase di degrado,Paul Joanne, intorno al 1880, scrive: «In poche città europee si trova oggi qualche cosa di aspetto più misero che i portici bassi, ingombri di ignobili bottegucce, situati sotto una parte di case del porto, dove sono i principali alberghi».
Nonostante riconosca le qualità panoramiche della zona «[...] delle terrazze si estendono lungo il molo occidentale del Porto di Genova, dal Palazzo Doria fino alla strada della Lanterna. Dall'alto di questi terrazzi si abbraccia con lo sguardo tutto il porto con le sue numerose navi», continua affermando: «Le macchine e il fumo di carbone che esse producono sono una vicinanza assai incomoda per gli hôtels che fiancheggiano la banchina del porto».
Paul Valéry, in una lettera inviata a Valery Larbaud scrive: «Voi non avete conosciuto il Molo Vecchio, nè le straduccole che si annodavano e reggevano il serpeggiante strascico al posto dell'infame via XX settembre».
Bibliografia Guide
- Alizeri Federico, (Attribuito a) Manuale del forestiere per la città di Genova, Genova, 1846 pag. 251-252.
- Alizeri Federico, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Bologna, Forni Editore, 1972 pag. 61
- Bertolotti Davide, Viaggio nella Liguria Marittima, Vol. II, Torino, Eredi Botta Editori, 1834, pag.
- Burckhardt Jacob, Il Cicerone. Guida al godimento delle opere d’arte in Italia, Sansoni, Firenze 1952, pag. 379-386
- Poleggi Ennio e Poleggi Fiorella (Presentazione, ricerca iconografica e note a cura di), Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, Genova, Sagep, 1969 pag.
- Ratti Carlo Giuseppe, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura scultura et architettura autore Carlo Giuseppe Ratti pittor genovese, Genova, Ivone Gravier, 1780, pag. 104-107 e 117
Bibliografia Guide
- Aubert Henry, Villes et gens d'Italie, , tratto e tradotto da Carlo Bo, Echi di Genova negli scritti di autori stranieri, Torino, 1966, pag. 192
- Brosses de Charles, Viaggio in Italia. Lettere famigliari, Roma-Bari, Laterza, 1992, pag. 31
- Dickens Charles, Genova e dintorni: colori, sapori e odori di Genova nelle pagine di un viaggiatore inglese. a cura di Francesca Albini, Genova, Sagep, 1995. Pag 50
- Dumas Alexandre, Impressions de voyage, in Marcenaro Giuseppe, Viaggio in Liguria, Genova, Sagep, 1974, pag. 99
- Montesquieu de Charles-Louis, Lettera su Genova, in Addio a Genova, a cura di Pier Luigi Pinelli, Genova, 1993, pag. 15
- Janin Jules, Voyage in Italie, in Marcenaro Giuseppe, Viaggio in Liguria, Genova, Sagep, 1974, pag.87
- Joanne Paul, Italie du Nord. Première et deuxième section: Turin, Gênes, Paris s.d., pp. 86-87, citato in Mauro Davì, La città ospitale. Locande e alberghi a Genova dal '600 ad oggi, Genova, 1988.
- Musset de Paul, Voyage pittoresque en Italie septenttionale, Parigi 1855, p.115.
- Smollet Tobias George, in Traveles Through France and Italy, Containing Observations on Character, Customs, Religion, Government, Police, Commerce, Arts and Antiquites, 1765.
- Valéry Paul, La nuit de Gênes di Paul Valéry, a cura di Giuseppe Marcenaro, Genova, Sagep, 1994